Il Gip del Tribunale di Roma ha archiviato la querela di De Luca contro la presidente della commissione Antimafia.

Nelle sei pagine di motivazioni  si spiega che Bindi ha agito secondo la legge e senza abusare del suo ruolo istituzionale. Non hanno alcun fondamento le accuse lanciate contro di lei e la Commissione durante e dopo la verifica delle liste elettorali.

Allora si disse che Bindi si era mossa in modo arbitrario, andando ben al di là dei suoi compiti.

Il provvedimento del Gip spazza via questa obiezione.

Ricorda che tra le funzioni della Commissione Antimafia previste dalla legge c'è anche quella di redigere un codice di autoregolamentazione per la composizione delle liste elettorali, che è stato approvato dalla Commissione e recepito dai due rami del Parlamento. Un codice che ha elevato "la soglia di autotutela dei partiti contro il rischio di inquinamento delle liste elettorali" e che attribuisce alla Commissione il compito di verificare la corrispondenza tra i criteri previsti dal codice e la composizione delle liste.

Insomma, scrive il Gip "non esistevano norme che vietassero l'avvio dell'istruttoria, mentre ne esistenza una  - recepita dai due rami del Parlamento - che ciò consentiva e sulle cui basi interpretative ha deliberato e operato l'Ufficio di Presidenza, sottoponendo poi le risultanze alla Commissione plenaria".

Si cercò di sostenere che Bindi aveva deciso le procedure della verifica in modo autonomo, senza consultare gli altri membri della commissione.

Secondo il giudice le cose andarono in modo opposto.

"L'avvio dell'istruttoria e la decisione di divulgare i dati furono deliberate dall'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi mentre l'esito dei lavori fu sottoposto alla Commissione plenaria. E' evidente che le decisioni furono avallate e largamente condivise dai rappresentanti dei gruppi parlamentari presenti nella Commissione".

Anche i tempi della verifica e la pubblicità dei risultati furono aspramente criticati, non solo da De Luca. I vertici del Pd arrivarono a sostenere che Bindi aveva violato la Costituzione.

Ma anche su questo punto il provvedimento di archiviazione non lascia dubbi sulla correttezza della presidente dell'Antimafia.

"Rendere pubbliche, a poche ore dall'esercizio del diritto di voto - scrive il Gip - informazioni riguardanti la pendenza di procedimenti penali che, sulla base del codice di autoregolamentazione, osterebbero alla candidatura, non integra una forma di inganno o di coartazione della volontà degli elettori, ponendo al contrario questi ultimi in una posizione di maggiore consapevolezza e di informata valutazione, anche sulla questione della causa ostativa alla candidatura prevista dal codice di autoregolamentazione".  

E ricordando che nessuna delle informazioni divulgate era coperta da segreto investigativo, il Gip ribadisce che "Appare prioritaria l'esigenza di conoscenza delle vicende personali per chi si sottopone al giudizio dell'elettorato, tanto più quando le notizie sono relative a condotte tenute in occasione di cariche pubbliche in precedenza ricoperte".