
Bindi, la vendetta che macchia il Pd
di Franco Monaco - da il Fatto QuotidianoCome usa dire, il tempo è galantuomo. Con il trascorrere dei giorni, si è depositata la polvere delle feroci polemiche che hanno investito Rosy Bindi in qualità di presidente della commissione Antimafia. Polemiche - risulta sempre più chiaro - originate da disinformazione, fraintendimenti, strumentalità. Sino alla più sconcertante e calunniosa delle accuse, mossa incredibilmente dal vertice del suo stesso partito, di un comportamento ispirato a rancore e a obiettivi di lotta politica interna al Pd, cui la Bindi avrebbe piegato l'istituzione della Bicamerale antimafia.
Bindi non ha un carattere facile, da lei si può dissentire, ma la si conosce abbastanza per escludere esattamente le due accuse che le sono state mosse: slealtà nelle sue battaglie politiche e uso improprio delle istituzioni. Il comunicato a doppia firma dei due vicesegretari nazionali Pd che decretavano tale scomunica resta agli atti come una delle pagine più ignominiose di quel partito. Una reazione scomposta mirata alla ricerca di un capro espiatorio a maldestra copertura di una precisa responsabilità politica in capo al Pd: quella di non avere saputo opporsi alla candidatura di chi (alludo a De Luca) si è candidato in spregio alla legge Severino, voluta e votata dal Pd. Con i problemi che ne sortiscono per la Campania e dai quali tuttora non si sa come uscire. Una legge, la Severino, che, in base ad altra sua norma, ha decretato la decadenza di Berlusconi, facendo ora gridare, politici e media di centrodestra, all'ipocrisia dei due pesi e delle due misure. Va detto con onestà: giustamente! Ripeto, con il tempo, molti equivoci sono stati fugati. Riassumo: si può discutere, a monte, opportunità e persino legittimità dello screening sulle liste da parte dell'Antimafia, ma la decisione di farlo stava scritta nella legge istitutiva della commissione e, ancor più chiaramente, nel Codice votato all'unanimità dai suoi membri; l'inclusione piuttosto che l'esclusione dalla lista non è stata oggetto di alcuna valutazione discrezionale, né della commissione, né tantomeno dalla sua presidente, trattandosi della mera fotografia delle posizioni giudiziarie dei candidati e della sussistenza o meno, nei loro capi d'imputazione, dei reati ricompresi (e meticolosamente fissati) nel suddetto Codice di autoregolamenta-zione; tutti i passaggi del lavoro della commissione sono stati puntualmente condivisi dai gruppi, compresa la decisione di tenere fede all'impegno di rendere pubblica la lista a ridosso delle elezioni e di dare mandato di comunicarla alla presidente; negli atti della commissione mai figura la parola giornalistica, effettivamente impropria e scivolosa, di "impresentabili"; a dispetto di un infelice e fuorviante titolo di prima pagina di Repubblica, Raffaele Cantone non ha addebitato colpe alla Bindi, ma semmai al Codice da tutti approvato e comunque sostenendo che quella lista avrebbe dovuto essere più estesa; l'inclusione di De Luca in quella lista - fuor di ipocrisia, è quello il nome che ha scatenato la bufera - era un atto dovuto, rientrando egli perfettamente nella casistica contemplata dal Codice; la sua arbitraria esclusione sarebbe stata sì una violazione delle regole e una diserzione dai propri doveri istituzionali. Si pretendeva questo dalla Bindi? A testimonianza del clima strumentalmente esasperato di quelle ore sta un episodio che smentisce gli sdegnati critici di oggi. Una vecchia e stimata figura storica del Pci, Emanuele Macaluso, ha pensato bene di dare forza al suo dissenso dall'operato dell'Antimafia e del suo presidente, evocando un precedente che riguarda un eminente predecessore della Bindi, il garantista Gerardo Chiaromonte. Quel precedente va esattamente nella direzione opposta. Anche in quella circostanza - trattasi delle elezioni del 1992 - la lista fu resa pubblica a poche ore dal voto seguendo criteri e procedure che ricalcano alla lettera quelli seguiti dall'Antimafia attuale. Per altro incappando in più di un errore poi corretto. Diverse semmai, anzi opposte, furono le reazioni politiche: del ministro della Giustizia Martelli, che ringraziò per il prezioso servizio informativo reso ai cittadini elettori; e persino del segretario Dc Forlani (ripeto: Forlani!) che lo definì "utile iniziativa", nonostante la più parte dei candidati ricompresi in quella lista fossero del suo partito. Di più: Macaluso fa il nome di Pio La Torre - dirigente siciliano del Pci e autore di una celebre legge per la confisca dei beni sequestrati alla mafia poi ucciso da essa - per opporlo ai presunti giustizialisti di oggi. Curioso.
Chi avesse la pazienza di leggere la relazione di minoranza, a sua prima firma, della commissione Antimafia del 1976, ne sarebbe impressionato: vi figurano decine e decine di nomi di politici attivi e di primo piano, in termini puntuali e circostanziati, con tanto di accuse, sospetti, cattive frequentazioni. Al confronto la laconica lista di oggi è acqua fresca. Se ora si fosse fatto un decimo di ciò che si fece allora da parte di La Torre e del suo gruppo sarebbe successo il finimondo. La lezione? Triplice: che, quando si fa sul serio nell'elevare la soglia delle verifiche, vanno messe nel conto le reazioni, spesso interessate, di chi le mal sopporta; che i precedenti vanno presi sempre con le pinze e la loro lettura-interpretazione talora è dettata dalle convenienze (e dalle campagne d'opinione) contingenti; che anche i testimoni del tempo si possono sbagliare. Nel recente film di Sorrentino Youth vi è una sequenza nella quale uno dei due anziani protagonisti brandisce un cannocchiale alla rovescia, osservando che, con l'avanzare degli anni, nel ricordo, la realtà rimpicciolisce sino a svanire, come nella visione di quel cannocchiale. Non è una colpa, ma è bene esserne avvertiti.

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31 Maggio 2015
Postato da Redazione
Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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