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25/3/2015

Convegno: "Il contrasto alle mafie nella dimensione nazionale, regionale e locale". L'intervento integrale della Presidente Bindi. Il contributo di Don Luigi Ciotti. Il video dell'evento.


VIDEO DELL'INTERO CONVEGNO (in sequenza)


SESSIONE DELLA MATTINA:
interventi della Presidente Boldrini, del Presidente Grasso, della Presidente Bindi, dei Presidenti Caldoro e Crocetta, dei Sindaci Falcomatà e Pisapia

SESSIONE DEL POMERIGGIO:
interventi di Don Luigi Ciotti, dibattito, conclusioni di Rosy Bindi


 



L'INTERVENTO DI ROSY BINDI

Signor Presidente della Repubblica, si sta concludendo il mese dell'impegno e della memoria delle vittime innocenti delle mafie.

 

Sabato scorso, primo giorno di primavera, a Bologna migliaia di italiani, giovani e ragazzi, donne e uomini hanno manifestato un bisogno profondo e una domanda di verità, di giustizia, di libertà dai poteri mafiosi. Una domanda che vogliamo raccogliere e trasferire nei lavori di questa giornata. E per questo don Ciotti aprirà i lavori di questo pomeriggio e ci solleciterà.

Un anno fa abbiamo celebrato questo mese aprendo il Parlamento al mondo della cultura, facendo conoscere ai giovani opere di impegno civile, come il film prodotto dalla Rai su Don Peppino Diana. Questa volta abbiamo privilegiato il confronto tra livelli istituzionali.

E il luogo di questo confronto non può che essere la Commissione parlamentare che in questi cinquant'anni ha svolto un ruolo sempre più incisivo nella elaborazione delle strategie di contrasto e nell'analisi del fenomeno mafioso, accumulando, grazie alla sua attività di inchiesta, un archivio imponente di dati, informazioni e conoscenze.

Ringrazio il Presidente della Repubblica per essere qui con noi. La sua presenza è particolarmente preziosa.

Signor presidente, Lei è il Garante della Costituzione, espressione dell'Unità della Nazione ma anche testimone di quella buona politica che ha pagato un prezzo altissimo all'impegno per il bene comune, contro la violenza mafiosa. E non posso non ricordare le parole pronunciate in Parlamento all'atto del Suo giuramento: "E' allarmante la diffusione delle mafie, antiche e nuove, anche in aree geografiche storicamente immuni. Un cancro pervasivo, che distrugge speranze, impone gioghi e sopraffazioni, calpesta diritti. Per sconfiggere la mafia occorre una moltitudine di persone oneste, competenti, tenaci. E una dirigenza politica e amministrativa capace di compiere il proprio dovere".

L'incontro di oggi  vuole raccogliere anche le Sue parole. E' stato organizzato in seguito alle sollecitazioni arrivate da più parti per un confronto con le Commissioni,  gli Osservatori e gli Organismi permanenti o speciali, impegnati sia nel contrasto della criminalità organizzata che nella gestione dei beni confiscati alle mafie, già costituiti presso i Consigli di alcune Regioni (Campania, Lazio, Lombardia, Sicilia, Umbria)  e in alcune grandi città (Torino, Milano, Reggio Calabria). Gli interventi programmati rispettano le differenze territoriali, politiche e dei livelli di governo:  Regioni e Comuni,  Nord e Sud del Paese, coalizioni di centrodestra e di centrosinistra. Ma tutti sono stati invitati a partecipare: ci auguriamo infatti che in ogni Regione e in ogni Capoluogo venga istituita una Commissione permanente Antimafia. Con questa giornata vorremmo dar vita ad un Forum della Commissione parlamentare con le Commissioni regionali e locali, una forma di raccordo tra organismi analoghi per mettere in comune un patrimonio di valori e conoscenza ed elaborare strategie comuni.

La lotta alle mafie è un impegno di tutta la nazione. Nel nostro lavoro ci siamo  proiettati in sede europea e internazionale, perché le mafie si sono globalizzate e c'è bisogno di estendere all'Europa e al resto del mondo la nostra capacità di fronteggiarle. Ma abbiamo anche constatato la straordinaria capacità delle mafie di penetrare in ogni realtà del paese e condizionare interi settori economici. Ciò che emerge con chiarezza è che le mafie sanno sempre essere se stesse  e al tempo stesso sanno adeguare i metodi e gli interessi criminali al mutare dei tempi e delle condizioni. E hanno compreso l'articolazione del potere in Italia e oggi i poteri locali sono diventati i loro interlocutori privilegiati.

E' fondamentale l'unità delle istituzioni in un rapporto di reciprocità che faccia sistema, così come fa sistema la criminalità organizzata di stampo mafioso. Abbiamo una legislazione riconosciuta dal resto del mondo, un'organizzazione di contrasto efficace, una coscienza civile sempre più avvertita e presente. Il nostro originale modello di lotta alla mafie ha permesso di mettere in crisi i vertici di Cosa Nostra, scoprire e colpire le forti ramificazioni della ‘ndrangheta nell'Italia settentrionale, individuare complicità e collusioni con la zona grigia dei professionisti e dei pubblici dipendenti,  sequestrare una ingente quantità di beni e ricchezze mafiose.

Tuttavia, occorre interrogarci sull'adeguatezza di un modello che ancora stenta a mettere in campo una robusta e indispensabile strategia di prevenzione. Dobbiamo ammettere che c'è un salto di qualità nella presenza dei poteri mafiosi che hanno ridotto all'essenziale il ricorso alla violenza più brutale e sviluppato una formidabile capacità di mimetizzarsi nel tessuto sociale e produttivo del paese legale. E' un'occupazione silenziosa e costante, documentata da atti della magistratura che vanno dai sequestri delle pizzerie nel cuore della Capitale all'amministrazione giudiziaria di una grande azienda pubblica come Italgas. Un'occupazione silenziosa e costante in ogni parte del Paese, ricostruita dalle inchieste Aemilia e Mafia Capitale, fotografata nelle indagini sugli appalti per l' Expo e confermata dalla Cassazione con le sentenze sui processi Minotauro e Crimine Infinito.

Questa pervasività è stata possibile perché la buona legislazione di sistema e l'azione repressiva della magistratura e delle forze dell'ordine non sono sufficienti a fronteggiare questa evoluzione che vede l'omertà e il ricatto trasformarsi in complicità e convenienza. Quando un imprenditore cerca il mafioso per ottenere finanziamenti e commesse ne legittima i metodi e allarga gli spazi di illegalità. Quando un politico o un amministratore  locale, al Nord come al Sud, pratica il voto di scambio non subisce ma cerca e si consegna al ricatto mafioso. E' una sfida che si gioca soprattutto sul terreno delle complicità e delle collusioni offerte da imprenditori, professionisti, manager, istituti di credito, dirigenti e amministratori pubblici, esponenti della politica locale e nazionale. E' questo il terreno su cui si afferma e consolida il consenso sociale alle mafie.

Occorre affiancare all'azione della magistratura un intervento più profondo sulle regole della vita economica e della pubblica amministrazione, nel sistema dei controlli, nella formazione della classe dirigente amministrativa e politica. Questi versanti mostrano troppe fragilità che permettono ai poteri mafiosi di continuare a gestire i propri interessi e a moltiplicare i profitti con l'arma della corruzione.   Come bene hanno documentato le Relazioni della Dna e  della Dia di quest'anno.

In passato le mafie erano essenzialmente mafie dell'illegalità oggi invece sono mafie travestite di legalità, che fanno affidamento su una diffusa sottovalutazione e una cinica rimozione della realtà. E' questa la novità che dobbiamo guardare in faccia. Va allargato l'orizzonte degli interventi e va ricostituita una catena trasparente di responsabilità pubbliche e private. La lotta alle mafie richiede specializzazione, professionalità adeguate nella magistratura inquirente e giudicante, nelle forze dell'ordine, nella gestione dei beni confiscati. Ma richiede in primo luogo un impegno collettivo a rafforzare e moltiplicare la cultura della legalità e il senso civico degli italiani. E' un compito prioritario della politica che deve tornare ad essere credibile, forte e libera da condizionamenti impropri.

Non a caso abbiamo promosso questo incontro. Siamo in Parlamento con i Presidenti di Regione, i Sindaci, i Consigli regionali per ribadire, alla presenza del Presidente della Repubblica, che siamo in prima fila contro l'illegalità diffusa,  le politiche clientelari, la corruzione, le mafie. Fin dalla sua costituzione in questa legislatura, la nostra Commissione d'inchiesta ha scelto la strada della valutazione dell'efficacia della legislazione e delle politiche di lotta alla mafia. La politica che fa la sua parte non si affida alla magistratura per fare le riforme ma interviene prima, non permette che sia la magistratura a selezionare la classe dirigente ma trova gli strumenti per farlo in modo autonomo.

E' tempo che la politica si dia un codice per selezionare in modo rigoroso e credibile la sua classe dirigente. Il confronto proposto in questa occasione affronta temi sui quali la Commissione ha già approvato specifiche relazioni che in alcuni casi hanno avuto anche una traduzione in proposte e disegni di leggi. Penso al sistema di gestione dei beni confiscati e alla riforma del codice antimafia e dell'Agenzia sui beni confiscati, al "codice di autoregolamentazione" dei partiti per la formazione delle liste elettorali,  alla delicata questione dei testimoni di giustizia, alle infiltrazioni negli Enti locali e lo scioglimento dei comuni, alla lotta al racket e all'usura. Avvertiamo la necessità di dare il nostro contributo alla stesura di norme più semplici, chiare e trasparenti nell'economia e nella finanza, nella Pubblica amministrazione, negli appalti pubblici e privati.

E' ormai legge la nuova tipizzazione del reato di voto di scambio politico mafioso, ieri alla Camera è stata approvata la riforma della prescrizione e auspichiamo che si proceda rapidamente all'approvazione delle nuove norme anticorruzione che il Senato sta esaminando. Il governo, sta predisponendo una direttiva congiunta Ministero delle Economia e delle Finanze  e Autorità nazionale Anticorruzione sulla governance delle società partecipate. Iniziative tutte importanti. Ma non ci possiamo fermare né accontentare.

La politica ad ogni livello deve agire con la consapevolezza che la corruzione, l'evasione fiscale e la criminalità organizzata sono le vere emergenze del Paese. Sono la palla al piede che frena la crescita e lo sviluppo, sono un cancro che alimenta diseguaglianze e ingiustizie, corrode in profondità le risorse etiche del paese e la fiducia nelle istituzioni. Serve perciò una visione  strategica e un approccio coerente e unitario che richiede l'azione del governo nazionale e dei governi regionali e locali.  "La buona politica - ci ha ricordato il Papa da Scampia - è un servizio alle persone che si esercita in primo luogo a livello locale, dove il peso delle inadempienze, dei ritardi, delle vere e proprie omissioni è più diretto e fa più male".

E se è vero che le mafie insidiano gli amministratori locali e li minacciano, è altrettanto vero che proprio a livello locale si possono attivare gli strumenti più incisivi per controllare l'attività amministrativa e garantire trasparenza alle scelte,  intercettare i rischi di penetrazione delle cosche, isolare gli interessi mafiosi e selezionare con rigore la classe dirigente, in ogni ambito. Quando un amministratore trasforma il diritto di un cittadino in un favore per avere un tornaconto, indebolisce il tessuto sociale e la fiducia nelle istituzioni e crea automaticamente un canale di comunicazione con i poteri mafiosi.  

La buona politica, quella che costruisce il bene comune e trova le soluzioni generali ai problemi particolari, è una responsabilità di tutti: dal parlamento all'esecutivo ai governi regionali e locali. E ci auguriamo che a partire da questa giornata si trovi il modo per darci una mano perché ciascuno di noi faccia bene e meglio la propria parte.    

 




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31 Maggio 2015
Postato da Redazione

Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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