27/5/2014Presidente Bindi, se la sente di fare i complimenti a Matteo Renzi?
«Certo, glieli ho già fatti personalmente con un sms».
E la sua risposta?
«L'ha data a tutti noi nel modo in cui ha interpretato con senso di responsabilità il significato della vittoria. La campagna è stata giocata come nel suo stile nella maniera più rischiosa, però l'ha vinta e quando doppi l'avversario non c'è nulla da dire, chapeau. Certo ci ha fatto tremare... ma neanche lui si aspettava un risultato così».
Due anni fa, quando contrastava Renzi, avrebbe scommesso che con lui il Pd sarebbe cresciuto al 40%? È riuscito a eguagliare la sua Dc e a realizzare la mission veltroniana di un Pd a vocazione maggioritaria.
«Veramente ha superato pure la mia Dc. Nell'89 eleggemmo 27 europarlamentari, stavolta 31 e anche per me questa è una prima volta. Questo risultato è frutto della sua capacità di parlare a tutti oltre i confini del nostro elettorato tradizionale, ma vorrei vederlo consolidare negli anni a venire».
Insomma è solo merito suo?
«Per quanto lui si schernisca, prevalentemente è un suo successo, Renzi è un interprete di questo nostro tempo e ha avuto consenso perché ha stabilito un rapporto di fiducia col paese, che doveva scegliere tra forze antisistema e una forza per il cambiamento del sistema. Ora però questo consenso va giocato in Europa, dentro il Pse, stando in quella metà campo ma a certe condizioni. E facendo pesare che l'Italia porta ciò che nessun altro paese porta: una vittoria chiara e netta di un partito in grado di dire che i populismi si sconfiggono non con lo status quo, ma cambiando le politiche europee, superando il rigore cieco».
I risultati gli danno ragione su tutta la linea, oltre ai famosi 80 euro, gli elettori sembrano premiare perfino la staffetta con Letta, le forzature sulle riforme, la polemica col sindacato, lo sdoganamento del caimano. O no?
«Non so se dandogli il voto gli elettori abbiano premiato tutto questo: diciamo che lo hanno accettato in nome di una sfida di cambiamento del paese. Lui è riuscito a far dimenticare anche alcune cose, passate in secondo piano rispetto alla sfida con l'antisistema».
E cosa teme ora? Un Renzi dominus incontrastato?
«Dipende da come intende spendere questo consenso, certo i toni da lui usati sono rassicuranti. Ma è finita la campagna elettorale, che ha condotto in modo abile nei primi 80 giorni di governo. Ora, bisogna guardare lontano con un progetto di lungo respiro. Quando uno diventa così forte non ha bisogno di battere i pugni sul tavolo per le riforme costituzionali. Che si faranno e ci sono tutte le condizioni per farle bene, per aprire il dialogo dentro il Pd e con tutti gli altri partiti».
Voi critici, farete ancora la battaglia sulle preferenze per l'italicum?
«Una riflessione sull'impianto generale va fatta. La fatica di una verifica alla luce di questo risultato è necessaria, senza ritardare il processo, ma ascoltando le ragioni di tutti, dentro e fuori la maggioranza. Stessa cosa vale anche per le riforme della pubblica amministrazione, giustizia, lavoro. Si arricchiranno tutte con un confronto più ampio».
Non è che dopo questo trionfo napoleonico, Renzi andrà dritto per la sua strada?
«Gli consiglio di no, anche Napoleone ha vinto tanto, poi a un certo punto ha perso tutto. Anche dentro il Pd, c'è stata una netta vittoria con una classe dirigente nuova. Giusto, ma tutti si devono sentire a casa propria per riuscire a consolidare questo 40%. Questi voti possono fuggire così come sono arrivati e quindi oltre al leader va ricostituita una vera comunità. Le riforme vanno fatte col confronto, per prima cosa dentro il Pd: nessuno vuole frenare o gufare, ma quando uno è forte, si apre e non si chiude a riccio. Insomma dalla forza elettorale, poi bisogna passare a una fase di costruzione di un profilo da statista: coraggio, forza e determinazione, ma anche dialogo e ascolto».
Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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