
Rosy Bindi commenta con un pizzico di amarezza e di preoccupazione l'addio di Gianni Cuperlo alla presidenza del Pd: «Le dimissioni sono sempre una decisione personale che io rispetto».
Sì, ma qui c'è una ferita nel cuore stesso del Pd. E le motivazioni di Cuperlo sono tutte politiche. Le condivide?
«Condivido soprattutto la principale: cioè che all'interno di un partito plurale e democratico va riconosciuto il valore di stimolo della minoranza interna, la sua legittimità e per molti versi anche necessità. Questo vale per tutti, a maggior ragione per chi svolge la funzione di guida di quel medesimo partito ed ha il compito di ascoltare, comprendere e perfino tutelare chi la pensa diversamente».
E invece Renzi usa il consenso come una clava...
«Siamo all'inizio di un percorso, diciamo che dobbiamo prenderci le misure l'uno dell'altro. Renzi ha detto che non rinuncerà mai a fare le battute: io invece penso che il ruolo di leader esige anche qualche maggiore sobrietà e una forma di autodisciplina personale. La risposta sul piano personale ad una argomentazione politica svolta da Cuperlo a mio avviso non dovrebbe far parte dello stile del segretario di un grande partito. Renzi è giovane, gli riconosco delle grandi qualità, credo che crescerà nello svolgimento del suo ruolo. Tuttavia non penso che chi sostiene di essere giovane solo per questo possa rivendicare di aver raggiunto pienamente la maturità».
Ma è solo una questione di stile, oppure è in discussione nel Pd l'agibilità politica della minoranza?
«Ripeto, siamo ai primi passi e dobbiamo un po' tutti prenderci reciprocamente le misure. Ritengo che tutti siano animati dalla volontà di tenere unito il partito».
Anche facendo un accordo così impegnativo con Silvio Berlusconi? Per di più Renzi precisa che è del genere prendere o lasciare.
«La forza degli accordi sta nella possibilità di migliorarli. Se invece si ispirano al principio tutto o niente allora non sono accordi forti. Quello stipulato con Berlusconi è un accordo importante perché tiene insieme riforma elettorale e modifiche costituzionali restando nel solco della Carta. Nessuno più di me è soddisfatto della condivisione a rivedere l'articolo V e dell'abolizione del bicameralismo perfetto senza che venga introdotto il tema del presidenzialismo. Guai a non accompagnare questa fatica, guai ad avere atteggiamenti che mirano a sabotare».
E il però quando arriva?
«Ecco, è semplice. Partendo dalla legge elettorale, che mi pare la cosa più matura, ci sono cambiamenti che è necessario apportare. Le blindature, sotto questo profilo, non aiutano. Anzi».
La blindatura, come la definisce lei, è parte integrante dell'accordo. Renzi ha fatto male a parlare con Berlusconi?
«No, ha fatto bene. Non ha fatto bene a chiudere un accordo di questa portata solo con Berlusconi. L'accordo si deve fare con tutti, non si propone a tutti l'accordo fatto solo con qualcuno. Men che meno se quel qualcuno è Berlusconi».
Lei cosa cambierebbe?
«I punti delicati sono tre, evidenziati da autorevoli costituzionalisti e da tutti i partiti, 5Stelle compresi, tranne FI e parte del Pd. Il doppio turno deve essere vero: la soglia del 35 per cento è troppo bassa, meglio il 38. Il bipartitismo è estraneo alla cultura e alla storia politica italiana: dunque non si possono mortificare con soglie di sbarramento così alte le forze minori. E poi c'è la questione decisiva delle liste bloccate. Io non ho mai mitizzato le preferenze però oggi è impensabile ripresentarsi agli elettori togliendo loro la possibilità di scrivere sulla scheda il nome ed il cognome del candidati che preferiscono».
E allora, come finisce?
«So bene che le leggi si fanno in Parlamento e non si può arrivare davanti ai propri deputati e senatori dicendo prendere o lasciare, per un accordo peraltro sottoscritto da due leader extraparlamentari. Non voglio creare un incidente di percorso in una materia così delicata. Ma proprio per evitarlo è bene rivedere le parti più a rischio senza sottovalutare i rilievi della Consulta se necessario anche tornando a discutere con chi l'ha sottoscritto, ossia Berlusconi stesso. Solo così il processo di riforma ha possibilità vere di giungere in porto».
E se invece Renzi insiste: o così o niente?
«Allora ci si espone al rischio che qualcuno presenti emendamenti in Parlamento e qualcun altro li voti».


Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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