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23/10/2013

Non si baratti la Costituzione con un governo di emergenza
di Franco Monaco - da Europa


Caro Federico Orlando,
mi rivolgo a te perchè conosco da gran tempo la tua sensibilità e la tua cultura istituzionale. Mi corre preliminarmente l'obbligo, diciamo così, di declinare le mie generalità in tema di riforme costituzionali in cantiere: sono tra i pochi, o forse il solo, tra i deputati del PD che, alla Camera, non se l'è sentita di votare la legge costituzionale che avvia il processo riformatore adottando una procedura in deroga all'art. 138 e istituisce il Comitato dei 42 che farà da motore e laboratorio delle riforme. Processo autorevolmente sollecitato da Napolitano e che il premier Letta ha inscritto tra i capisaldi del suo programma di governo. Al punto da legarne persino la sorte e la durata.

Ho letto con vivo interesse due interventi proposti di recente da Europa. Quello di Marco Olivetti e, a seguire, una tua messa a punto rispettivamente titolati "Contro la riforma della P2, uno slogan berlusconiano" e "Camere e riforme, il nodo non risolto". Nell'ordine. Ha ragione Olivetti a reagire a talune ingiuste esasperazioni polemiche da parte dei critici. Specie quando esse investono gli studiosi che, dentro il Comitato dei saggi, si sono limitati a una onesta istruttoria, mettendo in fila problemi e soluzioni disponibili, rimettendo rispettosamente ai politici la responsabilità delle scelte. Si deve tuttavia distinguere - ma Olivetti lo fa - tra gli slogan strillati e offensivi di qualche testata e le argomentate critiche di alcune voci autorevoli e protagoniste della manifestazione romana del 12 ottobre scorso. Penso a costituzionalisti di vaglia come Zagrebelsky, Pace e Rodotà. Non ho difficoltà a sottoscrivere la conclusione di Olivetti: "si tratta non di stravolgere il patto costituzionale che ci lega. E occorre farlo in uno stile dialogico e consensuale con il centrodestra (possibilmente, direi, con tutti)...superare il bicameralismo perfetto, razionalizzare il regime parlamentare, riformare la legge elettorale, correggere alcune anomalie del sistema delle autonomie non sono uno scopo eversivo". Perfetto. Ma qui cadono opportuni i caveat cui tu hai fatto cenno. A cominciare dal tuo: "le riforme le vogliamo tutti", ma non necessariamente le stesse. Va detto in quanto uguale e contraria a quegli slogan polemici figli del pregiudizio è l'accusa di non volere le riforme mossa a coloro che più semplicemente sollevano problemi di metodo, di merito e di estensione dell'oggetto. Ne accenno alcuni.

Primo interrogativo: la deroga al 138, già discutibile in punto di diritto, è saggia e opportuna? Se si fosse seguita la via ordinaria anziché quella derogatoria e farraginosa oggi si sarebbe già avanti nell'esame del merito, utilmente concentrandosi sui cambiamenti più maturi e condivisi, quale il bicameralismo paritario, anziché inseguire il mito di una pretenziosa, grande riforma. Secondo: ammesso che la deroga non leda la sostanza delle garanzie incorporate nel 138 (il valore della rigidità della norma costituzionale, la tutela delle minoranze, le prerogative del parlamento e di ciascun parlamentare), c'è un punto problematico cui Dossetti, menzionato da Olivetti, conferiva grande importanza e che lo allarmava. Trattasi della esigenza di approntare una pluralità di disegni di legge costituzionale, ciascuno per ogni titolo oggetto di riforma e non un solo disegno di legge onnicomprensivo, in modo da autorizzare poi, a valle, eventuali referendum costituzionali confermativi appunto distinti per oggetto. Non è fisima formale, è questione di sostanza: è la differenza che passa tra referendum ove ci si possa esprimere consapevolmente sul merito e plebiscito nel quale domina il "quesito implicito" dell'assenso a modo di soluzione pacchetto a un generico messaggio del tipo: vuoi rinunciare in toto al nuovo per nostalgia del vecchio, oppure vuoi rinunciare alla sacrosanta riduzione dei parlamentari? Terza e decisiva questione: l'indebita ingerenza del governo in materia di stretta competenza parlamentare quale è quella costituzionale. Tutta la procedura derogatoria è segnata da tale vizio genetico, sin dall'insediamento del governo, e poi in tutto l'Inter a seguire. Compreso il "cronoprogramma" dettato dall'esecutivo. Anche qui non si tratta di un mero profilo formale. Mi spiego: una tale interferenza del governo produrrà inesorabilmente l'effetto di confondere la maggioranza politica che lo sorregge con le libere e mobili maggioranze parlamentari che potranno e dovranno prodursi a seconda del titolo della riforma in esame. Perché, come nota Olivetti, esse per definizione si discutono con tutte le forze parlamentari. Per essere ancora più chiaro: è immaginabile in via di fatto che, lungo il percorso, le forze politiche legate a un vincolo di maggioranza possano dividersi su questioni cruciali quali la forma di Stato o di governo? O non penderebbe su tutto la spada di damocle della minaccia di sfiducia al governo?

Chiudo con una domanda a Olivetti: davvero egli è così sicuro che i nostri padri e maestri - Dossetti, Scafaro, Elia - non avrebbero eccepito su metodo ed estensione dell'oggetto di una riforma che è francamente difficile inscrivere sotto la voce di semplice "revisione"? Non è mia abitudine invocare l'autorità dei grandi a sostegno delle mie personali, modeste opinioni. Mi limito a notare che non sono così sicuro su un loro assenso. Aggiungo che non mi sembrano questi il tempo e la temperie politico-culturale propizi per una impresa costituente e che, se già è ardua l'impresa di un governo che si regge sull'asse PD-PDL, non lo è da meno una "grande riforma" costituzionale varata d'intesa tra chi retoricamente inneggia alla Costituzione più bella del mondo e chi, sino a ieri, la bollava come sovietica. Rilievi, questi, che non mi portano a concludere di non farne nulla, ma, questo sì, di procedere con meno leggerezza e comunque di vigilare affinché non ci si spinga a barattare una buona Costituzione con un governo di emergenza.
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31 Maggio 2015
Postato da Redazione

Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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