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14/9/2013

No a partiti-lobby, serve un tetto ai fondi privati
di Simone Collini - da L'Unità


«Qui si scherza col fuoco». A Rosy Bindi non piace la piega che ha preso la discussione sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Per più motivi. A cominciare dal fatto che il testo presentato dal governo non prevedesse un tetto per i finanziamenti dei privati, per finire con la contrarietà del Pdl a introdurlo nel corso del confronto parlamentare. Ora il rinvio del testo in commissione Affari costituzionali, di cui fa parte, deve essere l'occasione per correggere il tiro. Da più parti, dice Bindi. Da parte del Pdl, che deve sapere che il Pd non intende cedere sul tetto, perché non intende cedere «all'idea di partito padronale», perché senza limiti ai finanziamenti dei privati si «consegna la politica a chi ha i soldi per farla e si trasformano i partiti in macchine elettorali al servizio delle lobby». Una correzione di rotta è necessaria però anche da parte del governo, che deve sapere che il Pd «non baratterà principi democratici con il sostegno all'esecutivo»: «Il presidente del Consiglio non può minacciare decreti su questo tema». 

Onorevole Bindi, lo sa vero che il ritorno in commissione della legge sul finanziamento ai partiti è stato visto come un escamotage dilatorio nell'intento di lasciare tutto così com'è? «Noi non vogliamo perdere tempo e non vogliamo evitare di fare questa riforma, che riteniamo importante anche per sanare la frattura che si è creata tra politica e cittadini. Chi ha a cuore questa riconciliazione, che è fondamentale per la vita democratica del Paese, deve affrontare il tema dei costi della politica. E nessuno può accusare noi del Pd di non volere questa riforma, visto che siamo l'unica forza politica che l'ha anticipata, che è in regola con la nuova legge per quel che riguarda la trasparenza e la certificazione dei bilanci». 

Va bene sulle norme per la trasparenza, ma sull'abolizione del finanziamento pubblico che cosa dice? «Che questa riforma va fatta bene perché il finanziamento alla politica è un fatto di democrazia. Se la Costituzione ha affidato un compito così importante ai partiti, affinché essi possano svolgerlo è giusto che ci sia una collaborazione da parte della comunità. È corretto affermare che il finanziamento pubblico ha il proprio fondamento nella Costituzione. E, se leggiamo il titolo della riforma, prevede l'abolizione del finanziamento diretto ai partiti, non una totale abolizione del finanziamento pubblico. Cambia la forma: le istituzioni sostengono e facilitano, tramite agevolazioni fiscali, chi vuole finanziare da cittadino volontario i costi della politica. E questa può anche essere una straordinaria occasione per prepararci a una dinamicità nuova, perché i finanziamenti tra i propri iscritti, militanti, simpatizzanti si trovano se i progetti proposti convincono». 

Perché allora il testo che state discutendo da mesi non è già legge? «C'è un punto che per noi è dirimente: in questa legge manca una norma, quella riguardante una regolamentazione dei finanziamenti privati. In particolare, non c'è un tetto oltre il quale il privato non può finanziare una forza politica». 

Il Pd lo ha proposto? «Sì, e lo abbiamo individuato in 100 mila euro, che non è un tetto bassissimo. Lo abbiamo fatto perché per noi è evidente che un finanziamento privato fatto da chi è mosso da passione politica è una linfa positiva per la vita di un partito, mentre il finanziamento privato senza regole, senza tetto e trasparenza rischia di diventare un fattore inquinante per la politica».

Inquinante in che senso? «Intanto, è chiaro che un finanziamento privato senza limiti rischia di essere condizionante l'azione della politica. E poi pensiamo al nostro Paese, dove ancora persiste e persisterà un conflitto di interessi».

Nonostante sia imminente la decadenza di Berlusconi da senatore?
«Non riguarda solo lui, anche se il suo potere economico è stato un problema e continuerà ad esserlo. Ma non c'è solo Berlusconi. Pensiamo anche a Grillo e al Movimento 5 Stelle. Il finanziamento da parte dei privati diventa dirimente, e non a caso il nostro, che non è un partito padronale, è anche l'unico in regola con i principi di trasparenza e democrazia interna previsti da quella riforma».

Ora riparte il confronto in commissione Affari costituzionali, ma Letta ha già detto che senza un accordo tra i partiti di maggioranza il governo emanerà un decreto: cosa ne pensa? «Il presidente del Consiglio non può minacciare decreti, quasi scaricando su di noi la responsabilità e magari facendosi bello agli occhi degli italiani. Già io, come molti altri nel gruppo parlamentare, ci siamo meravigliati che il teso uscito dal governo non contenesse un tetto. Se il governo pensasse di fare un decreto che non preveda un limite al finanziamento privato, deve sapere che scherzerebbe col fuoco». 

Dice che il Pd è compatto su questo? «In commissione siamo molto fermi su questo perché si tratta di una riforma legata all'idea di democrazia. Non a caso i presidenzialisti sono contrari al finanziamento pubblico e favorevoli al privato, non a caso chi vuole partiti come comitati elettorali non vuole regole sul finanziamento privato. Ma non si può cedere su questo punto. E anche il presidente del Consiglio farebbe bene a pensare che sarebbe meglio non creare una cesura tra un governo virtuoso e dei partiti affezionati, come dice qualcuno, al malloppo». 

Ma se Pd e Pdl non trovano un accordo il governo dovrà pur fare qualcosa. Né si può pensare che si possa aprire una crisi sul finanziamento ai partiti, o no?

«La legge deve essere approvata e il governo deve andare avanti. E ha fatto bene il presidente del Consiglio a inserire questa riforma e quella istituzionale nel suo discorso programmatico. Le larghe intese sono il presupposto e la condizione favorevole per approvarle, ma non possono vincolare il contenuto di queste riforme. Questi temi interessano tutte le forze politiche non soltanto quelle di maggioranza e vanno ben oltre un programma di governo. Attengono alla natura delle forze politiche e della democrazia. E nessuno può quindi mettere su di essi vincoli di fiducia al governo. ll Pd non può barattare il sostegno a questo esecutivo con la natura stessa dei partiti e i principi della democrazia. La differenza maggiore tra Pd e Pdl è proprio questa».

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31 Maggio 2015
Postato da Redazione

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