
«La Costituzione col governo io non la scambio», sbotta a un certo punto Rosy Bindi. Si parla di riforme istituzionali e in particolare dell'apertura al semipresidenzialismo fatta dal Pd, dello schierarsi anche di Prodi a favore di quel sistema di governo. «Prodi sbaglia», taglia corto definendo «un'illusione» l'idea che si possano risolvere i problemi di un Paese come il nostro «concentrando i poteri in una sola persona». E se nel Pd si ipotizza di coinvolgere iscritti e militanti sulle ipotesi di modifica alla Costituzione, Bindi dice che «questa consultazione deve essere vera, non confermativa di una decisione già assunta dalla maggioranza del partito».
Non pensa abbia ragione Speranza a dire che sulle riforme istituzionali il Pd non deve avere un approccio ideologico?
«Dipende da cosa si intende per posizioni ideologiche. Io non mi sento ideologica. Sostengo però che noi abbiamo il potere di revisione della Costituzione ma non abbiamo, come Parlamento, il potere di costituenti».
E allora rischia di essere accusata di conservatorismo, non crede?
«No, non mi sento neanche conservatrice. Ho solo un'impostazione culturale maturata accanto a persone come Dossetti, Ruffilli, Elia, Scalfaro. È solo che sono figlia di una stagione che ci ha portato a vincere nel 2006 un referendum contro la riforma della Costituzione fatta a colpi di maggioranza dal centrodestra».
Insomma il suo no al semipresidenzialismo è di metodo o di merito?
«Prima di tutto è di metodo, perché noi abbiamo il potere di intervenire sulla Costituzione per renderla più efficace nel contesto attuale, non di cambiarne l'impianto generale, non di stravolgere scelte fondamentali dei padri costituenti. E poi la mia contrarietà è anche nel merito. La nostra è una forma di governo parlamentare e tutte le riforme ipotizzate dal Pd in questi anni si sono mosse su tale terreno. Abbiamo parlato della necessità di superare il bicameralismo perfetto, di rendere più funzionante il rapporto tra Stato centrale, Regioni e autonomie locali, di dar vita al Senato delle Regioni, di ridurre il numero dei parlamentari. Ma tutto questo all'interno di un sistema parlamentare».
Un sistema che presenta dei difetti, se si parla anche di parlamentarismo esasperato, non crede?
«Primo, il parlamentarismo esasperato è dovuto alla debolezza delle forze politiche, che è ciò che ha veramente caratterizzato la politica italiana degli ultimi trent'anni. E, secondo, per non rimanerne vittime noi abbiamo agito sui sistemi elettorali per rafforzare il capo del governo e garantire esecutivi stabili con l'istituto della sfiducia costruttiva. Ma né il sistema maggioritario né l'indicazione del candidato premier vanno verso il semipresidenzialismo».
Ma cosa ci sarebbe di negativo in questo sistema?
«Se mai si attuasse riusciremmo a stravolgere la forma di governo parlamentare, a indebolire il capo del governo e a togliere al Capo dello Stato, che verrebbe eletto direttamente dai cittadini, la figura di garanzia che ha nella Costituzione e che tutti riconosciamo essere un capolavoro dei nostri costituenti».
Però come pensa si possa avviare un confronto con il Pdl se si chiude dall'inizio all'ipotesi del presidenzialismo?
«Ma questa è un'impostazione sbagliata. Non si può pensare di cambiare la Carta fondamentale solo con chi sostiene il governo, perché altrimenti commettiamo un'anomalia politica e costituzionale. Non dobbiamo pensare soltanto al Pdl, dobbiamo pensare anche alle forze di opposizione. Ce lo ricordiamo che abbiamo accusato Berlusconi di modificare la Costituzione a colpi di maggioranza? Anche noi vogliamo ora farlo?»
Però è evidente che con il Pdl, anche se non esclusivamente con questo partito, dovete dialogare, o no?
«Va bene, e allora la prima domanda che io farei al Pdl prima di iniziare il percorso è: volete il presidenzialismo, ma siete disposti a rafforzare le figure di garanzia, a cominciare dalla Cortecostituzionale? Siete disposti a inserire in Costituzione, così come avviene in tutte le democrazie che mettono i contrappesi nella Carta, le norme sul conflitto di interessi?»
Sa di provocazione più che di apertura al dialogo, non crede?
«Nessuna provocazione. È solo quello che come Pd abbiamo sempre sostenuto. E ora dobbiamo sederci al tavolo rafforzando le scelte che abbiamo preso in questi anni, sulla necessità di rendere più funzionante la democrazia parlamentare, di rafforzare i poteri del capo del governo e di garantire esecutivi stabili, senza intaccare minimamente il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica».
Forse qualcosa è cambiato se uno dei fondatori del Pd come Prodi dice che per un Paese come il nostro runica salvezza" è la "medicina francese".
«Mi dispiace ma Prodi da questo punto di vista sbaglia. È un'illusione pensare che in un Paese così diviso e con spinte populiste così forti si possano trovare le giuste soluzioni abbandonando il metodo della democrazia parlamentare, l'equilibrio tra le istituzioni e concentrando il potere in una persona sola. I problemi si risolvono discutendo in Parlamento, cercando punti di sintesi, aprendo al più ampio confronto. E non vorrei che questa maggioranza per sostenere il governo venisse meno al dovere fondamentale del dialogo, della ricerca di incontro con le minoranze. Le maggioranze più grandi sono e più devono avere senso del loro limite. E più sono strane più devono avere senso del loro limite».
Lo sa che rischia l'accusa di non voler sostenere il governo?
«Bisogna sostenere questo governo con grande lealtà, facendo come Pd anche più proposte di quante ne abbiamo fatte finora, ma non sono disposta a scambiare la Costituzione col governo. Abbiamo sempre avuto questa idea, non capisco perché dovremmo abbandonarla adesso. Ripeto: ce lo ricordiamo cosa abbiamo detto quando Berlusconi ha provato a fare le riforme a colpi di maggioranza? Vorrei anzi che dentro il partito si avviasse una fase di discussione ampia, lunga, vorrei che ci ascoltassimo e che non si procedesse anche dentro il partito a colpi di maggioranza».
C'è l'ipotesi di coinvolgere anche iscritti e militanti sulle riforme: non le basta?
«Sì se si fa dando la possibilità a tutti di esprimersi, se chi ha idee diverse ha la stessa possibilità di movimento e i medesimi strumenti per poter parlare. La consultazione deve essere, com'è per i referendum, uno strumento in mano alle minoranze non alle maggioranze. Non voglio una consultazione confermativa, ma una consultazione vera. E c'è anche un'altra cosa che dovremmo considerare, e cioè il fatto che dovremmo ascoltare le comunità scientifiche, che in questo caso si chiamano costituzionalisti. Ce ne sono di favorevoli al semipresidenzialismo? Ce n'è qualcuno della nostra area, qualcuno di quelli con cui abbiamo vinto un referendum? Non mi pare proprio. Io domenica (domani, ndr) sono a Bologna perché con quella gente abbiamo fatto una battaglia culturale importante, perché rompere quel fronte sarebbe da parte nostra un errore molto grave».


Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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