
Rosy Bindi e la liberazione delle donne
Commento al post "Il partito che vogliamo" lasciato da Maria Capuzzo e Gastone Zilio
Rosy Bindi ha recentemente condiviso la decisione del prefetto di Treviso Capocelli di permettere l'uso del velo integrale islamico in Italia per motivi religiosi, dichiarando: "Se e' espressione di una imposizione sono contraria, ma se si tratta di una libera scelta, perchè espressione di una civiltà diversa, allora non sono contraria " (Roma, 9.ott )
Il burqa è certamente simbolo di esclusione sociale, segno odioso della violenza di prassi oligarchiche sulle donne ma è anche atteggiamento mentale e costume culturale, pesante, calato sui rapporti “esclusivi”, discriminanti, che da sempre le donne subiscono anche nelle nostre comunità e nelle nostre case.
E’ impensabile, suggerisce Rosy, far togliere il burqa “con la forza”, con la violenza del mitra spianato o di altra segregazione cautelare imposta (misure di sicurezza) in nome della legalità. Si potrà, invece, dare l’opportunità alle “donne con il burqa” di togliere, loro stesse, il segno della condizione di sottomissione e di schiavitù trasmettendo noi il coraggio del cambiamento con la scelta, altrettanto coraggiosa, da parte nostra, della tolleranza, della solidarietà, del dialogo e di altre forme culturali di inclusione sociale. Saranno questi potenti antidoti di tolleranza che condurranno “le donne col burqa” a toglierlo liberamente, per propria convinzione, come scelta personale e sociale. Non con l’imposizione, che è premessa di contrapposizione e conflitto.
Le donne italiane sono pronte a raccogliere la sfida posta dalle diversità culturali, per la liberazione di tutte le donne.
Dichiara ancora Rosy, nel suo programma per il P.D, che le donne sono oggi le prime interessate ad una forte reinvenzione della pratica democratica e partecipativa, le prime a privilegiare le grandi questioni irrisolte del mondo che pesano sulla vita quotidiana, dal governo pacifico dei conflitti anche etnici e regionali alla lotta alle disuguaglianze, dalla cura dei deboli e degli esclusi al rapporto etica-politica; dal rinnovamento senza tradimenti delle grandi culture storiche, alla battaglia per la legalità.
Pur venendo da esperienze e riferimenti etici diversi, convergono nell’affrontare le questioni etiche del nostro tempo più attraverso la costruzione condivisa delle condizioni, anche materiali, per l’esercizio delle responsabilità personali, che attraverso la contrapposizione ideologica dei divieti e dei permessi.
Le donne sono consapevoli che la vera uguaglianza delle opportunità è quella che non lascia indietro nessuno e promuove le qualità di ciascuno
Per una nuova laicità, il P.D. dovrà diventare la casa e la scuola di una nuova laicità, il luogo in cui tutti i cittadini possano sentirsi rappresentati, a qualunque fede, etica e cultura appartengano. Oggi si può guardare a una nuova laicità che si faccia carico delle diversità etiche, culturali e religiose, all’interno delle quali viviamo quotidianamente.
Il pluralismo etico, religioso e culturale che caratterizza la società italiana, e che va ulteriormente arricchendosi per la presenza di nuovi cittadini stranieri, impone non solo un civile confronto tra i credenti di diverse appartenenze religiose, e un dialogo tra credenti e non credenti, ma ci spinge alla ricerca di una sintesi più avanzata di dialogo e collaborazione, nel quadro delle linee tracciate dalla nostra Costituzione.
Saggia e decisamente “alta”, quasi solitaria, è la posizione culturale di Rosy Bindi.
Noi la condividiamo pienamente.
Mariolina Capuzzo e Gastone Zilio, Monselice


31 Maggio 2015
Postato da Redazione
Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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