
Rosy Bindi non accetta veti su Romano Prodi candidato al Colle. Né dal centrodestra né - ed è un argine tutt'altro che secondario - dall'interno del Pd. «Perché Prodi è una autorità in Italia e nel mondo e perché il Pd o è ulivista, e l'Ulivo è Prodi, oppure smarrisce la sua identità». Ed anche - la Bindi non lo dice ma è conseguenziale nel ragionamento - la sua ragione politica.
Messa così, onorevole, verrebbe da fare una battuta: il fatto che Berlusconi boicotti Prodi («Se va al Quirinale, meglio andar via dall'Italia») diventa un'ottima ragione per votarlo...
«Guardi, sul capo dello Stato non voglio fare battute o lanciare provocazioni. L'atteggiamento che finora abbiamo tenuto è basato sulla ricerca di una soluzione condivisa. Detto questo, come non lanciamo provocazioni noi, non accettiamo veti dagli altri. Un confronto non può nascere con un no così pesante e, diciamolo, così becero lanciato nelle piazze da Berlusconi».
Tradotto: Prodi, nonostante i suoi dinieghi, è in pista eccome e guai se non lo fosse.
«Non credo che il Pd possa accettare che il fondatore dell'Ulivo, e quindi di fatto anche del Pd medesimo; il premier che ci ha fatto entrare nell'euro; che ha rimesso a posto - soprattutto nel secondo mandato dopo il disastroso quinquennio 2001-2006 della destra - i conti pubblici; che è stato presidente della Commissione Ue; che in questo momento è uno dei pochissimi italiani che ricoprono incarichi internazionali di natura istituzionale, che in Cina e in India tutti sanno chi è, venga trattato così. Questo davvero no, non lo possiamo accettare».
Però il punto è proprio questo. Le bordate di Berlusconi fanno sì che Prodi non sia un candidato bipartisan. Il che lo esclude o no dalla corsa al Colle?
«Lo dico con maggior chiarezza: non possiamo pensare di escludere dalla nostra rosa di candidati al Quirinale una persona che ha il prestigio sul piano nazionale e internazionale di Romano Prodi. È un ostracismo del tutto inaccettabile. Il presidente della Repubblica è garanzia per tutti non in funzione del maggiore o minore gradimento che incontra da questo o quel partito, bensì se applica la Costituzione».
Prodi è l'unico politico uomo che compare nella squadra dei papabili da parte grillina. Questo fatto aiuta la candidatura o rischia al contrario di indebolirla?
«Forse c'è bisogno di una precisazione. È chiaro che quando diciamo, come Pd, dialogo con tutti e ricerca di un'ampia maggioranza per eleggere il successore di Napolitano non dobbiamo guardare solo ad una parte del Parlamento ma a 360 gradi. Il fatto che Prodi sia rientrato nei dieci nomi candidabili da parte dei 5Stelle è significativo. Rilevo che con il Movimento 5 Stelle abbiamo cercato, inutilmente, un accordo di governo: non si capisce perché non dovremmo interloquire con loro per il Quirinale. A maggior ragione dobbiamo farlo. Peraltro tra quei dieci nomi ce ne sono alcuni molto stimabili: perché non dovremmo dialogare? E quanto al Pdl: nel momento in cui ci chiede un governissimo, strada per noi impercorribile, come è possibile che nomi come Violante, D'Alema o Finocchiaro risultino graditi alla destra mentre sul nome del cattolico democratico Prodi si alza un muro? O è un trucco, o è incomprensibile».
Onorevole, andiamo al sodo. Per le regioni suddette Prodi, a torto o a ragione, è ritenuto un candidato di rottura. Insistendo così come fa lei sul suo nome, nel momento in cui dovesse essere eletto si va di corsa a elezioni anticipate?
«E chi l'ha detto? La partita del Quirinale non si sottopone a scambi, di nessun genere. Si elegge un capo dello Stato con il criterio che indica la Costituzione e poi si parlerà di governo. Perciò poiché non accettiamo scambi, non si può neanche puntare la pistola fumante delle elezioni anticipate contro Prodi. Semmai fallisse il governo di cambiamento propugnato di Bersani, perché mai Romano, una volta eletto, non avrebbe le carte in regola per tentare di formare un governo di scopo o del Presidente facendo tesoro delle proposte dei dieci saggi nominati da Napolitano?».
La risposta del centrodestra è: Prodi al Colle è figlio di una logica di contrapposizione che renderebbe poi impossibile accordi di governo. E dunque se si elegge lui, si va dritti alle elezioni.
«Se è così, la verità è che Berlusconi a fare un governo non ci pensa proprio: pensa solo ad andare ad elezioni. Se è così, a loro che ci accusano di aver fatto perdere tempo possiamo rispondere che il loro vero obiettivo sono solo le urne. Il resto è ipocrisia».
Proviamo un'altra provocazione. Sicura che il Pd voterebbe compatto Prodi? È il Pdl che scompagina o ci pensa da solo il Pd?
«Restando sulla provocazione, sullo scompaginamento interno diciamo che non ci servono aiutini: ce la facciamo benissimo da soli. Detto questo, mi ha stupito il silenzio del partito alle ingiurie di Berlusconi verso Prodi. E dunque alla destra ribadiamo niente veti su Romano. E al Pd dico che se qualcuno si serve dei veti della destra per sbarrare strumentalmente la strada a Prodi non fa che alimentare i dubbi sulla coerenza del Pd con le sue radici. Per me sono radici uliviste o non sono. E l'Ulivo è Prodi. Se fosse come dice lei, i dubbi sul fatto che il Pd si è allontanato dalla sua vera natura verrebbero confermati».
Ma questo è un sillogismo che porta a una conclusione obbligata: o Prodi va sul Colle o il Pd sparisce.
«Non dico affatto o Prodi o morte. La mia rosa per il Quirinale è molto ampia. Solo che va sgombrato il campo dai veti, impliciti o espliciti, su di lui».
Allora la componente cattolica, più moderata, del Pd vuole sbarazzarsi di Bersani. Anche a rischio scissione. Giusto?
«Non vedo pericoli di scissione. La lealtà a Bersani non è in discussione. È però indubbio che il congresso dovrà scegliere su impostazioni oggettivamente divaricate. Per quanto Barca si presenti rispettoso verso Renzi, non sfugge che si tratta di visioni molto diverse. Quanto al resto... beh classificare me moderata è complicato. O dirmi che non sono di sinistra. A conferma che la sinistra italiana ha molte anime. La realtà è semplice: il Pd o è un partito plurale, senza culture egemoni, o non è».


Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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