Il presidente Napolitano rimprovera i partiti. Anche il Pd è stato "sfuggente" sulla legge elettorale, onorevole Rosy Bindi?
«Penso che quell'aggettivo non sia riferito a noi».

L'impasse è però evidente.
«Il Pd ha fatto della riforma elettorale la ragione di questa fase della legislatura. Abbiamo presentato un nostro disegno di legge su collegi uninominali e doppio turno, ma al tempo stesso abbiamo dato la nostra disponibilità totale alla trattativa con Pdl e Terzo Polo. Fino a rinunciare al doppio turno. Ci siamo resi disponibili ad adottare il metodo che si usa per le elezioni dei consigli provinciali».

Anche l'ipotesi del "Provincellum" tuttavia è fallita. Ma non ci sono autocritiche del Pd?
«La nostra pazienza ha un limite: noi siamo responsabili, loro giocano. Dopo la forzatura annunciata da Alfano, ora dicono che vogliono sedersi di nuovo al tavolo: bene, noi da quel tavolo non ci siamo mai alzati. Vorrei fosse chiaro che si è lavorato bene fino a quando non è tornato in campo Berlusconi, che non vuole cambiare la legge elettorale. Tutte le volte che si raggiungeva un accordo, si ricominciava daccapo, come in una tela di Penelope».

Non è surreale, e anche incomprensibile per i cittadini, che la maggioranza si scontri e rischi di frantumarsi sulla legge elettorale?
«Siamo dentro una crisi economico-finanziaria che sta trascinando una crisi democratica non meno preoccupante: lo strumento della legge elettorale è determinante. A Berlusconi va bene il Porcellum perché gli interessa salvare la sua squadra dal naufragio, si accontenta di perdere bene. Mentre noi abbiamo a cuore il futuro dell'Italia».

Il Pd a cosa non è disposto a rinunciare?
«Inaccettabile è una legge elettorale che non faccia uscire un risultato certo dalle prossime elezioni. Occorre perciò un premio di maggioranza al partito o alla coalizione. Non lo chiediamo per interesse di parte ma per il bene del paese, che non può rischiare l'ingovernabilità o le larghe intese coatte».

Poi c'è la questione delle preferenze.
«Personalmente non le ritengo il male assoluto. Nessuno nel Pdl ne aveva in realtà parlato all'inizio. Anzi, ritengo che l'insistenza del Pdl sulle preferenze sia un bluff. Se fossimo stati dei buoni giocatori di poker, saremmo andati a vedere. Anche se per fare una buona legge elettorale, non bisognerebbe ricorrere a questi espedienti e soprattutto non è accettabile la minaccia del Pdl di votare con la Lega sulla legge elettorale come ha già fatto sul semipresidenzialismo».

Cambia qualcosa, dopo il richiamo di Napolitano?
«Cambia eccome. Nessuno può più appellarsi al capo dello Stato per dire che si deve votare a maggioranza, perché Napolitano chiede una riforma largamente condivisa. Noi vogliamo che ci sia presto una nuova legge elettorale, che non si vada in vacanza fino a quando almeno al Senato, in commissione, non ci sia stato un primo voto. Bersani, Alfano e Casini si devono accordare, a patto che Berlusconi poi non guasti tutto».

Accelerare sulla legge elettorale vuol dire anche anticipare le elezioni?
«Capovolgerei il ragionamento. Se c'è una nuova legge elettorale, il capo dello Stato sarà più libero di valutare, e così il premier, e le forze politiche se la situazione consiglierà di anticipare il voto. Napolitano sottolinea che spetta a lui decidere lo scioglimento delle Camere, ha ragione e il Pd ne è convinto. Però a un partito che sta sostenendo con responsabilità Monti non si può chiedere di digerire una riforma imposta dalla vecchia maggioranza Pdl-Lega che tanti guasti ha provocato. Non arriva fin lì la nostra disponibilità».

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