
Il documento finale del Comitato Diritti del Pd ha giustamente suscitato un'attenzione più vasta della cerchia di partito, costituendo una piattaforma di dibattito non esauribile nell'ordinario consumo della cronaca politica. Le reazioni suscitate finora possono distinguersi in due fasce: quelli che, anche da sponde diverse, lo hanno valutato come un contributo innovativo e originale da prendere comunque in considerazione (vedi Chiara Saraceno); e quelli che hanno tentato di ricondurlo sui binari di quella incomunicabilità polemica che ha bloccato in Italia il dibattito sui modi di garantire meglio i diritti delle persone nelle differenti articolazioni della società (vedi Paola Binetti).
Lo sviluppo della ricerca che il documento promuove è ovviamente legato alla capacità degli interlocutori di tenere la quota della proposta, che si qualifica, va detto, come una duplice sfida. Verso l'interno del Pd, perché ne mette alla prova la capacità di delineare e sostenere unitariamente una visione commisurata alle istanze di una società molteplice ed esigente. E verso l'universo culturale e politico, con l'ambizione di offrire a tutte le sue componenti un criterio d'orientamento al quale rapportare in modo convergente le opzioni pratiche fino a quelle proprie della legislazione. Non un catalogo di nuovi diritti ma un modo nuovo di considerare i diritti come interfaccia di corrispettivi doveri, in un circuito di solidarietà in cui ciascuno è garantito nella sua intangibile integrità personale ma non è mai considerato nella solitudine casuale di un individualismo senza orizzonte.
È allora nella solidarietà realizzata in ogni ambito che si manifesta la tensione al massimo di uguaglianza nel massimo di tutela della differenze, fino a prefigurare "distinte piattaforme di diritti" da tutelare in modo efficace ancorché non uniforme. È questa, se si vuole, la chiave offerta alla politica per attivare, al di là di steccati che dopotutto non sono tutti "storici", la ricerca per superare senza ipocriti aggiramenti la selva dei "non possumus" che ha alimentato, nel recente passato, le rendite degli "atei devoti" più che far crescere la coscienza dei valori nell'anima del popolo. È importante che di una valenza del documento in questa direzione abbiano preso cognizione due osservatori abitualmente critici verso le elaborazioni del Pd, come Francesco d'Agostino su Avvenire e Pierluigi Battista sul Corriere. Perché non immaginare che un riscontro dialogico significativo possa manifestarsi anche tra coloro che sono impegnati nell'impresa di offrire ai cattolici delusi dal connubio con Berlusconi nuovi, sperabilmente inediti, percorsi di contatto con la politica?
È interesse di tutti che in ogni ambito della presenza culturale e sociale dei cattolici si palesi un'attitudine di ricerca che si metta in grado di concorrere alle determinazioni necessarie per coprire quell'"ultimo miglio" che corre tra i principi e le norme, che è necessariamente assegnato all'autonomia dei cittadini laici cristiani. Il documento non è il prodotto di limature linguistiche artificiali o di mediazioni stilistiche puramente formali. Ma l'approdo di una ricerca impegnativa e di un confronto vero, tra visioni e punti di vista molto diversi, senza ambiguità e senza reticenze. Un risultato che fonda una nuova identità culturale del Pd, su argomenti di rilevante importanza, etica e politica, e non tanto un punto di equilibrio tra le identità storiche rappresentate al tempo della nascita del nuovo partito. Il pluralismo culturale, e financo religioso, dei "democratici", sui temi eticamente sensibili, fonda, con questo documento, una base comune di valori e di principi.
D'altra parte, il documento non è solo il frutto di un dibattito. Ci sono a monte le battaglie condotte e le proposte elaborate dal Pd sui diritti delle persone, che riguardano le unioni civili, la violenza sulle donne, l'omofobia e la transfobia, le terapie e le cure non rispettose della volontà del malato, i problemi della fecondazione medicalmente assistita, e così via. Non è indispensabile affrettarsi sui nodi pratici sottostanti al discorso sui diritti. Meglio misurarsi prima con i concetti di fondo che sono evocati. Cominciando dalla considerazione del tema della paura. «Combattere la paura e il suo uso strumentale», si legge. «Paura che la propria vita venga considerata di minor valore di quella degli altri, paura che la propria esistenza possa venire percepita come un fastidio o un pericolo per gli altri». Impegnarsi dunque per «individuare e rimuovere le situazioni in cui è negata o degradata la comune umanità delle persone». Nella lotta contro il nazifascismo gli Alleati usarono lo slogan: «Libertà di parola, libertà di religione, libertà dal bisogno, libertà dalla paura». Il campo della quarta libertà è ancora da esplorare.


Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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