
«I rifugiati, a differenza dei migranti economici, non hanno scelto di chiedere asilo in Italia, sono stati costretti dalle persecuzioni. Di ciò le amministrazioni pubbliche tengano conto nella gestione delle città italiane: accogliamoli con il riguardo che riserviamo agli ospiti nelle nostre case e siano almeno liberi di scegliere dove vivere». Lo ha detto la vicepresidente della Camera, Rosy Bindi, nel corso dell’incontro “In città, invisibili”, un evento organizzato ieri sera a Roma dal Centro Astalli in occasione della Giornata mondiale del rifugiato 2012, che ha visto Bindi confrontarsi su questo tema con don Luigi Ciotti, presidente di Libera. A moderare l’evento è stato chiamato il direttore di Radio3, Marino Sinibaldi.
Al centro del dibattito proprio il tema dell’invisibilità, che rappresenta il primo problema dei rifugiati che vivono nei centri urbani. Anche quando viene loro riconosciuta la protezione internazionale, infatti, queste persone hanno difficoltà a vederla declinata in diritti sociali concreti. «I rifugiati che rimangono invisibili all’opinione pubblica, purtroppo sono molto ben visibili alla criminalità organizzata – ha sottolineato don Ciotti – Spesso sono proprio i migranti le prime e più facili prede di chi ha sempre bisogno di manodopera per incrementare i propri affari illeciti: dalla droga alla prostituzione, al lavoro nero. Togliere i rifugiati dall’invisibilità vuol dire infliggere un duro colpo alla criminalità nel nostro Paese».
Nel corso della serata sono state portate anche due testimonianze, quella di Saad (Marocco) e di Beatriz (Congo), che hanno raccontato le difficoltà incontrate nel nostro paese. «Una volta arrivata in Italia, il primo male per me è stata la solitudine – ha raccontato Beatriz – affrontare la vita da sola è difficile, non sapevo a quale porta bussare, a chi chiedere aiuto. I diritti sociali per noi non ci sono».
Scopo dell’evento è stato quello di sensibilizzare gli oltre 150 partecipanti sulla presenza dei rifugiati nelle grandi città italiane e sulla condizione di invisibilità a cui sono, di fatto, costretti. Le statistiche delle Nazioni Unite mostrano che in tutto il mondo la maggior parte dei rifugiati vive nei centri urbani: da Bangkok a Bogotà, da Nairobi a Roma. «Non è mai una vita facile: nelle città i rifugiati pensano di trovare maggiori opportunità, ma più spesso conoscono soprattutto isolamento, solitudine, mancato accesso ai servizi, insicurezza, marginalizzazione – ha sottolineato padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli – I più invisibili sono coloro che non hanno la possibilità di essere accolti e vivono in una condizione precaria, con scarsità di condizioni igieniche e di sicurezza. Abbiamo il dovere di non lasciare sole queste persone, altrimenti diventiamo complici di un sistema indegno».


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