
Sul tema del cosiddetto "contratto unico" circolano molte proposte, tra loro radicalmente diverse, il cui solo tratto comune consiste in realtà nell'aggiungere un "contratto in più". Rimarrebbero infatti in vigore molte altre forme contrattuali, dall'apprendistato al lavoro a termine, dal lavoro in affitto ad altre tipologie di contratti atipici. L'aggettivo "unico" è quindi mistificatorio: viene utilizzato a fini seduttivi. Tanto che da ultimo si usa l'espressione, certo inestetica ma più vera, di contratto "prevalente".
Per ricostruire il senso della proposta occorre quindi risalire alla sua formulazione iniziale, importata in Italia ma dovuta in realtà a due economisti francesi (Cahuc e Kramarz), che ha ispirato in Francia il cosiddetto contratto di "nouvelle embauche", dichiarato poi illegittimo dalla Corte d'appello di Parigi tra l'altro con la seguente e icastica motivazione: «È paradossale pensare che per aumentare l'occupazione si debbano liberalizzare i licenziamenti». L'idea originaria, per quanto criticabile, era tuttavia chiara: essa consisteva nello scambio tra un nuovo contratto di assunzione a termine, assistito da varie provvidenze economiche (quali una indennità in caso di cessazione del rapporto) e abrograzione della tutela reale contro i licenziamenti ingiustificati, di cui all'art.18 dello Statuto dei lavoratori.
Questa idea era già stata al centro del libro bianco del governo Berlusconi del 2001 e risponde a una filosofia schiettamente liberista: secondo questa impostazione meno vincoli ci sono nell'uso della forza-lavoro meglio è, perché più cresce l'occupazione. Tale impostazione viene reiterata in maniera ossessiva, a dispetto delle controevidenze empiriche: basti dire che il mercato del lavoro americano, tra i più liberalizzati del mondo occidentale, è stato a lungo indicato come modello, salvo scoprire che ora negli Usa ci sono più disoccupati (circa venti milioni di persone) che in Italia.
Il pensiero liberista tuttavia non demorde. Questa idea dello scambio tra abrogazione della legge sui licenziamenti e nuova disciplina delle assunzioni è infatti il cuore delle molteplici proposte da tempo avanzate da Pietro Ichino, il quale tuttavia da ultimo le ha edulcorate: nella più recente versione del suo progetto infatti l'art.18 dello Statuto verrebbe abrogato solo per i nuovi assunti, lasciandolo inalterato per i già occupati. Il che introdurrebbe in realtà un nuovo e inaccettabile dualismo tra quanti sono già entrati nel mercato del lavoro e coloro che aspirano ad entrarci. Si aggiunga che in quel progetto verrebbero liberalizzati per tutti i licenziamenti per motivi economici, proprio quelli che già sono ampiamente attuati nelle molteplici gestioni delle crisi aziendali.
Diversa è la proposta avanzata a suo tempo da Tito Boeri, centrata sull'idea di una assunzione a termine, con progressiva acquisizione delle tutele di stabilità. Qui il dubbio principale consiste nel chiarire che cosa accade se al termine del triennio il lavoratore non viene assunto a tempo indeterminato. Si ricomincia da capo, in una sorta di infinito gioco dell'oca? Infine altri disegni di legge, come quello firmato tra gli altri da Cesare Damiano, ipotizzano un "contratto unico di inserimento", di tutt'altro tenore, e molto vicino alla figura dell'apprendistato o dei vecchi contratti di formazione-lavoro, il cui senso è legato alla previsione parallela di una forte incentivazione fiscale alle assunzioni a tempo indeterminato.
Tutte le proposte qui richiamate si collegano poi, direttamente o indirettamente, alla decisiva questione della riforma degli ammortizzatori sociali: occorre introdurre un sistema di sostegno universale al reddito sia di chi perde il lavoro sia di chi il lavoro lo sta cercando. Resta tuttavia una domanda: chi controlla che tali meccanismi di garanzia del reddito siano utilizzati in direzione di politiche attive del lavoro e non in termini assistenziali e parassitari?
Per valutare meglio occorre quindi analizzare l'insieme delle connessioni sistemiche: il rapporto tra l'introduzione della nuova figura contrattuale e gli altri tipi di contratto di lavoro, la disciplina dei meccanismi di sostegno del reddito e l'introduzione di misure di incentivo fiscale alle assunzioni a tempo indeterminato. Si resta in attesa di conoscere le proposte in materia del governo Monti, sperando che queste facciano chiarezza su quell'autentico "porto delle nebbie" costituito dal cosiddetto contratto unico.

viva
Lasciato da pasquale cucciari il giorno 13 Gennaio 2012 alle 17:34ma fai una proposta!
Lasciato da BRUNO TONIOLATTI il giorno 07 Gennaio 2012 alle 19:11una visione chiara in prospettiva
Lasciato da Laura Spampinato il giorno 05 Gennaio 2012 alle 15:48Diritti prima di tutto
Lasciato da Andrea Bosio il giorno 05 Gennaio 2012 alle 14:53


Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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