
C'è una strana coppia che, ultimamente, va gettando sconforto tra le file del Pd. E' una coppia che, nessuno sa il perché, si è messa in testa che se il Partito democratico si è dato una regola - una bazzecola da niente come prevedere che il segretario regionale, nel Lazio, si elegge con le primarie - non si farebbe un soldo di danno a rispettarla. E ancora, cosa che ha fatto venire le pulsazioni a vari dirigenti, loro quella regola pretendono addirittura di applicarla. Un po' per incoscienza, perché non fanno capo a correnti e potenti, e nel Pd questo fa fortissimamente sospettare di essere "schegge impazzite".
Un po' perché, essendo estrosi, riescono ad aggirare le varie astuzie medianiche, messe in atto per far credere che Enrico Gasbarra sia già il nuovo segretario in pectore del Pd laziale. Quando quest'ultimo, in realtà, non si è nemmeno ancora candidato. Accade invece che in un'intervista al Corsera, Nicola Zingaretti l'abbia "lanciato" e, da quel momento, tutti hanno immaginato per Gasbarra un percorso in discesa. Macché. Al bivio c'era la strana coppia, che ha un nome e cognome - a breve lo dirò, ma visto che nessun quotidiano li ha ancora nominati, o quasi, fatemi mantenere un po' di "suspence" - che ha iniziato a fare caciara intorno al commissario Chiti, su Facebook, nei circoli e sulla rete, raccogliendo in due settimane oltre 300 firme di iscritti per presentare una candidatura alternativa all'Assemblea regionale: quella di Giovanni Bachelet. E' lui il primo personaggio della coppia in questione: parlamentare, ordinario di Struttura della Materia presso il dipartimento di Fisica alla Sapienza, è tra i fondatori dell'associazione "Libertà e Giustizia". Come docente ha insegnato e fatto ricerca negli Stati Uniti, in Germania, alla Scuola Normale di Pisa, presso il Cnr e all'università di Trento.
Elettore della Dc "senza mai essere iscritto alla Dc", attualmente è parlamentare vicino all'area Bindi. La sua discesa in campo ha fatto sobbalzare per primo il senatore dei popolari, Lucio D'Ubaldo, che come leader della minoranza del Pd rivendica da tempo la carica di segretario regionale alla corrente cattolico-moderata, per motivi di equilibri interni al partito. Incontro Giovanni Bachelet, per una chiacchierata informale, una mattina nel suo ufficio alla Camera a piazza San Claudio. Sono le nove, e lui ha il passo svelto e il cervello che gira a tremila. Abbiamo una mezz'ora per spiegare il senso della sua candidatura, prima che debba recarsi in Aula. Ma è molto difficile rimanere concentrati sul punto, perché come ogni professore che si rispetti, Bachelet ha la passione dell'argomentazione e del dettaglio.
Si fa stampare dati, articoli,interviste e, mentre parliamo, arranco a riportarlo al punto. Affrontiamo lo stato di salute del Pd laziale, «alle ultime elezioni la somma delle preferenze dei 15 eletti è risultata pari ad appena un terzo dei voti di lista del Pd, mentre ben 20 nominativi in lista hanno preso meno di mille preferenze, un dato preoccupante»; commentiamo lo strano "embargo" per cui la notizia della sua candidatura non esce sui giornali: «Ringrazio il senatore D'Ubaldo, l'unico che si è accorto che esisto, ma la leggenda per cui Gasbarra bilancia Miccoli è smentita dal fatto che sia Miccoli che Gasbarra, nel 2009, hanno appoggiato la mozione Bersani. Ma queste sono logiche di aggregazione, che hanno una funzione tattica, non c'entrano con la mia candidatura».
Ed ecco il punto: perché un intellettuale come Bachelet, che nulla ha a che spartire con l'identikit del coordinatore regionale (ruolo chiave anche per la designazione delle candidature nazionali, ndr)., si è messo in testa di "scavalcare" caminetti e correnti, di sfidare l'endorsement di Zingaretti e i veti dei capibastone, per ristabilire una cosa così desueta e pericolosa come l'applicazione dello Statuto? «Alcuni di noi che non provengono dai vecchi partiti, si meravigliano che le magnifiche norme contenute negli statuti non vengano poi applicate».
Tra le stranezze scoperte da Bachelet, c'è anche la questione del tesseramento 2011 che, in gran parte dei circoli romani, non è ancora partito. Probabilmente per "congelare" i rapporti di forza all'interno delle correnti: «In tutta la Provincia di Latina, fino al 9 novembre, il tesseramento non era ancora cominciato e questo non è sano perché ci si riduce a tesserare chi vota ai congressi». Come il tema dei contributi che gli eletti del Pd alla Pisana dovrebbero versare, pena la non ricandidatura, alle casse del partito. E qui entra in gioco l'altra metà della coppia, alias Cristiana Alicata, che meriterebbe una biografia a parte. Basti dire, al momento, che la sua richiesta di verifica delle singole posizioni contributive degli eletti, per scovare i consiglieri "smemorati" nel versare le quote, ha fatto infuriare non pochi dirigenti a largo del Nazareno. Ma che c'entra Alicata con Bachelet, a parte i cognomi "di peso"? E questa è un'altra storia, perché lei è una outsider del Pd, gay dichiarata, che si batte per i diritti del movimento lesbico, gay e transessuale. Mentre lui è un cattolico di sinistra, sposato con 4 figli, il cui padre Vittorio (il noto giurista ucciso dalle Br nel 1980) era dirigente dell'Azione cattolica vicino a Moro.
«Nel 2010 io ho fatto la campagna per Cristiana alle Regionali: ha preso tremila voti al primo colpo, senza spendere un euro in manifesti. In comune abbiamo il "pallino" che, per far funzionare questo partito, basterebbe adeguare i comportamenti alle regole che ci si è dati». Il tempo è finito, Bachelet aggiorna in tempo reale il numero dei suoi sostenitori e riesce anche a rispondere a ciascuno di loro per ringraziare. In privato, molti colleghi del Pd si sono complimentati con lui per la scelta coraggiosa di correre senza reti, con la promessa di dimettersi da parlamentare qualora venisse eletto. In pubblico, però, gli stessi "amici" preferiscono rimanere defilati, e le firme che Bachelet porterà all'Assemblea regionale del 26 novembre sono di semplici militanti, niente grandi nomi, tutti conquistati dal "progetto Bachelet".
«Per molti la politica è una questione di vita e di morte, per questo sono restii a darmi la loro firma. Per me, per fortuna, la politica è un servizio». Ci congediamo in piazza Montecitorio. Mentre mi allontano ripenso alla frase con cui Giovanni Bachelet, all'epoca 25enne, scosse il cuore di tutti i presenti il giorno del funerale di suo padre: «Preghiamo per tutti i giudici, per tutti i poliziotti, i carabinieri, gli agenti di custodia, per quanti oggi nelle diverse responsabilità, nella società, nel Parlamento, nelle strade continuano in prima fila la battaglia per la democrazia con coraggio e amore. Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri». E mi chiedo se per la Regione, dove il partito è ancora commissariato, il Pd non avrebbe più che mai bisogno di una persona così.

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Lasciato da Call me wind bceause I am absolutely blown away. il giorno 21 Gennaio 2012 alle 22:11


Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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