
«La vera misura che l'Europa ci chiede è il passo indietro di Berlusconi».
Il premier resiste e oggi la sua lettera arriverà a Bruxelles.
«Bisogna vedere se il compitino soddisfa la Ue e se la sopravvivenza del governo non è la morte del Paese».
Bossi è pessimista, dice che il governo rischia la crisi.
«Mai come questa volta ci sono così vicini. La Lega è in grande sofferenza, lo sa Maroni e lo sa anche Bossi. Il motivo per cui il governo teneva segreta la lettera della Bce è che non è in grado di onorare gli impegni».
Se al governo ci foste voi del Pd la situazione economica sarebbe migliore?
«A noi quella lettera non sarebbe arrivata, perché non avremmo sprecato 10 miliardi per togliere l'Ici e provare a salvare l'Alitalia senza riuscirci. Non avremmo abbassato la guardia sulla lotta all'evasione e avremmo riformato il fisco tassando rendite e transazioni finanziarie e alleggerendo famiglie e imprese. Avremmo lavorato per irrobustire l'Europa e non per ridurla alle conferenze stampa di Merkel e Sarkozy».
Le dichiarazioni del vostro responsabile economico, Stefano Fassina, non sembrano rafforzare l'Europa...
«Fassina ha mosso critiche alla lettera della Bce. Ma al di là delle posizioni caratterizzate da qualche eccesso, la linea del Pd è assumere i contenuti di quella lettera non acriticamente ma con una mediazione politica».
Prima di tutto dovete mediare al vostro interno, vista la differenza di posizioni su temi come le pensioni.
«Non credo che il Pd sia diviso. La riforma della previdenza che abbiamo fatto noi con il governo Dini funziona e ha al suo interno gli strumenti per affrontare le sfide di oggi».
Voterebbe l'innalzamento dell'età pensionabile a 67 anni?
«La nostra proposta prevede incentivi e disincentivi per allungare l'età a 67 anni su base volontaria, ma il risultato della riforma dovrebbe andare ai giovani e alle politiche per la famiglia e non solo a scalare il debito, come è avvenuto per la pensione delle donne. Con noi la crescita sarebbe stata diversa, non avremmo affamato famiglie ed enti locali, non avremmo umiliato la scuola e avremmo riformato la pubblica amministrazione».
E la patrimoniale? Le liberalizzazioni?
«Le nostre proposte sono chiare, i grandi patrimoni immobiliari vanno tassati. Quanto alle liberalizzazioni, siamo stati gli unici ad averle fatte».
Sulla flessibilità non avete idee altrettanto chiare, altrimenti non farebbero notizia il neoliberismo di Matteo Renzi e i «giovani curdi» del Pd, i trentenni che invocano il riformismo di Alesina e Giavazzi. Licenziare è un tabù?
«La riforma del mercato del lavoro è necessaria, ma non ci sono solo le proposte di Alesina e Giavazzi. Siamo pronti a ragionare sulla flessibilità in entrata e in uscita, ma con adeguati ammortizzatori sociali. Però non siamo disponibili a fare cassa sulla pelle delle persone. E, soprattutto, il lavoro precario deve costare di più del lavoro stabile».
E come pensate di far tornare i conti dello Stato?
«Non si esce dalla crisi diminuendo il sistema di welfare. A saldi invariati noi chiediamo che il governo ritiri la delega per la riforma fiscale e assistenziale».
Bersani ed Enrico Letta hanno lavorato ai fianchi Maroni, ma la Lega non stacca la spina. Non offrite sufficienti garanzie?
«La garanzia più grande per la Lega è staccarsi da Berlusconi, prima di perdere del tutto i suoi riferimenti elettorali e politici. Lo ha capito perfettamente Maroni e lo ha capito anche Bossi. La nostra proposta è sempre quella, un governo di responsabilità nazionale. Spero che trovino il coraggio di rompere».
Dareste l'appoggio a un governo guidato da Schifani o Gianni Letta?
«No, se cade Berlusconi ci sono solo due strade. Un governo di responsabilità sostenuto da tutti, o le elezioni. Siamo pronti a votare e saremo in grado. di costruire una coalizione larga tra progressisti e moderati. L'unità delle opposizioni è un dato di fatto».
Non avete un leader...
«Se non lo abbiamo ancora individuato non è perché ci mancano i leader, ma perché ne abbiamo fin troppi. Comunque c'è Bersani e faremo le primarie».
Lei si candida?
«Lo potrei fare solo se me lo chiedesse il mio partito».


Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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