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8/10/2011

Sicilia, la Bindi gela i "governativi" del Pd: «Mai in giunta con un inquisito»
di Emanuele Lauria - da La Repubblica Palermo


«Il Partito democratico ora ha l'obbligo di candidarsi alla guida della Regione. E per farlo non può portarsi appresso le ambiguità di questa stagione». L'ultimo attacco di Rosy Bindi a Raffaele Lombardo - e ai dirigenti del suo partito che in Sicilia hanno deciso di sostenerlo - è netto, diretto, frontale. Giunge dalla festa nazionale del terzo settore, l'appuntamento più importante per i democratici in una stagione di divisioni e kermesse cancellate all'ultimo momento (leggi Palermo), giunge dalla città di Don Sturzo, fondatore del partito popolare e oggi simbolo, dice la Bindi, «di un Pd dalla schiena dritta».

Qui il centrosinistra amministra da quattro lustri, qui c'è uno zoccolo duro di antilombardiani, questo è stato uno dei centri in cui, a gennaio, si è celebrato il referendum sull'appoggio al governatore. Luogo simbolico, in ultimo, perché a pochi chilometri c'è Grammichele, il paese natale proprio di Lombardo. E la presidente del Pd sbarca nel Calatino dopo aver messo da canto le prudenze. «Il presidente della Regione? Faccia quello che ha fatto Penati: si dimetta e siamo a posto. Il problema non è che siamo tutti uguali: sono loro ad essere diversi, nel senso che non rispettano la legge». Messaggio inviato alla volta di Palazzo d'Orleans ma soprattutto a chi, nelle stanze del Pd all'Ars, ha scritto una lettera a Bersani per sostenere l'esigenza di entrare in giunta con Lombardo: «Quella del gruppo parlamentare, è bene ribadirlo, non è la linea del partito».

Il caso Sicilia, esiste, eccome. E nell'isola «l'appoggio a Lombardo può far nascere una questione morale». Qualcuno sente fischiare venti di scissione nel Pd: «Spero di no: è esattamente l'obiettivo di Lombardo». La Bindi si siede a un tavolo del bar della villa comunale. Rifiuta una bevanda, si schiarisce la voce e l'accento toscano incornicia un j'accuse serrato. Ad ascoltarla i parlamentari Giovanni Burtone e Bernardo Mattarella, l'ex assessore Franco Piro, il coordinatore della segreteria regionale Enzo Napoli, il capo del locale circolo Gaetano Cardiel.

Di lì a poco, in serata, una platea di un migliaio di persone ascolterà l'intervista pubblica affidata a Pippo Baudo, che accoglierà la Bindi con galanteria: «Mi sa che d'ora in poi saremo una coppia fissa». Il clima è di festa, appena guastata dall'incursore Peppe Arnone, il consigliere comunale agrigentino che arriva anche a Caltagirone per chiedere a Rosy, a colpi di volantini, di «ripulire il partito non dagli amici di Lombardo ma dagli amici dei capimafia». E sono minacce, spintoni, fischi, fino all'intervento del servizio d'ordine.

Onorevole Bindi, ancora "scandalizzata" per il sostegno del suo partito a Lombardo?

«Scandalizzata e sorpresa. Perché io ho solo ribadito quella che è una linea del partito sancita da un congresso che ha visto vincere in Sicilia un segretario teorico dell'autonomia da Lombardo, appoggiato da un'area - quella di Mattarella - che era sulla stessa posizione. Ora, per cambiare quella posizione, servono nuove elezioni o un referendum. Non ci sono alternative».

La posizione di Lombardo si è notevolmente affievolita con la derubricazione del suo reato a voto di scambio.

«E sono sorpresa, se vuole aggiungerlo, anche per aver appreso che qualcuno, nel mio partito, ha addirittura fatto i complimenti a Lombardo: come se il voto di scambio equivalesse a un'assoluzione. Vede, io non ho mai cavalcato l'inchiesta giudiziaria per mafia nei confronti del governatore. Ma ritengo il voto di scambio un reato gravissimo che sottintende clientelismo e uso improprio della cosa pubblica. Se ci mettiamo, poi, che dagli atti della Procura risulta che lo scambio sarebbe stato perpetrato con la mafia, be', il quadro è completo».

Nel gruppo parlamentare c'è chi la pensa in modo diverso: si è parlato, con una metafora, di un'accusa di strage che si è risolta in una contravvenzione per divieto di sosta.

«Quegli stessi esponenti del Pd che hanno stravolto le mie parole stanno minimizzando la gravità della situazione. La nostra idea del partito è alternativa a quella che pratica Lombardo. Io sottolineo la gravità del voto di scambio perché credo che la politica, in questa terra, deve irrobustire la società: chi la indebolisce crea i presupposti perché la società venga utilizzata dai poteri mafiosi. Non possiamo cedere su questi temi».

Non rischiate, così, di indebolire l'esperienza di una coalizione anti-berlusconiana come quella che appoggia il governatore?

«Non è che in nome della battaglia al Cavaliere possiamo accettare qualsiasi linea politica. Anzi, questa posizione è la prova che non siamo accecati dall'antiberlusconismo».

Una ventina di deputati dell'Ars chiedono, invece, il governo politico.

«La linea del partito non è mai stata questa. La linea è quella che il segretario interpreta con molta fatica, perché incalzato dal gruppo parlamentare e dal suo presidente in particolare. Senza elezioni, o senza un referendum nel partito, non si cambia».

Ora nel Pd siciliano ci si interroga su quale referendum fare.

«Servono consultazioni vere, non camuffate, con partecipazione e informazione. Di certo, non si può ridurre il referendum su una questione politica a una mera ratifica di decisioni prese altrove».

Si riparte dal nuovo Ulivo.

«Sì, da una coalizione, da un programma e dall'ambizione di avere una classe dirigente in grado di esprimere un candidato alla presidenza della Regione».

Non teme che un'alleanza limitata al centrosinistra, alle amministrative, possa far vincere i candidati del centrodestra?

«La possibilità di un accordo con il Terzo polo esiste, quella dell'alleanza larga è una strada che si segue anche a livello nazionale. Ma il presupposto non può essere il sostegno a Lombardo. Un partito degno di questo nome guida le partite, non si fa trascinare».

Da presidente del Pd, non teme una scissione nel partito siciliano?

«Bisogna fare di tutto per evitarla. E deve essere chiaro che lo sport preferito da Lombardo è quello di spaccare le forze politiche, basta vedere la composizione della sua giunta. Con questo governatore la Sicilia è rimasta al sistema tolemaico, nel frattempo è intervenuta la modernità e vorremmo rimanervi. Quest'Isola ha dimostrato di essere capace di grandi primavere. Usciamo, allora, da questo inverno prolungato».

 

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  • Dr
    Lasciato da Guido Falsirollo il giorno 09 Ottobre 2011 alle 16:46

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31 Maggio 2015
Postato da Redazione

Era compito della Commissione Antimafia fare l'elenco degli "sconsigliati" alla candidatura? Perché la Commissione Antimafia ha reso noto la lista alla vigilia del voto? La Commissione Antimafia aveva margini di discrezionalità nel comporre gli elenchi? Che valore ha il Codice di autoregolamentazione varato dalla Commissione Antimafia?
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